Una mente lucida con Kapâlabhâti
Il respiro è vita e, come sappiamo, attraverso il Pranayama nel mondo dello Hatha Yoga viene data un’attenzione particolare alla respirazione ed alle numerose tecniche per controllarla. Si può immaginare l’esistenza di una sorta di “palestra” di esercizi rivolti unicamente al respiro. A differenza però delle attività che si svolgono in palestra, in questo caso si tratta di allenare qualcosa di invisibile ma percepibile ed estremamente potente, talmente potente che ci permette di vivere.
Solitamente non ci si rende conto di respirare, ovvero di svolgere automaticamente un’attività così importante; infatti, se si presta attenzione alla propria respirazione ci si accorge che durante la giornata, a causa del susseguirsi dei diversi stati emotivi, si vivono momenti di apnea, ovvero si trattiene il fiato per qualche secondo. Proprio per questo credo sia fondamentale ribadire l’importanza della conoscenza di queste tecniche che rappresentano degli strumenti preziosi per il miglioramento della salute psicofisica.
Kapâlabhâti, conosciuto anche come “il respiro di fuoco”, è appunto una tecnica di respiro del Pranayama e si tratta di una pratica portentosa per ossigenare ed energizzare il corpo e soprattutto la mente.
Vediamo ora una brevissima descrizione dell’esercizio base tratta dal testo Pranayama, la dinamica del respiro di André Van Lysebeth:
«ETIMOLOGIA: Il nome si compone di Kapâla che vuol dire “cranio” e Bhâti, radice sanscrita significante “fare brillare, pulire”. […] Kapâlabhâti significa quindi letteralmente: “pulizia del cranio”. Cranio designa in questo caso le condotte d’aria della testa: le narici, le conche turbinate del naso e altri passaggi d’aria fino al cavo, che l’esercizio deve pulire. […] Kapâlabhâti consiste in brevi raffiche di forzate espulsioni d’aria seguite ogni volta da un’inspirazione passiva».
Veniamo ora alla pratica. Non esiste una posizione specifica per realizzare questo tipo di respirazione, è sufficiente una qualsiasi posizione purché comoda e che consenta il controllo dell’addome. Ad esempio, seduti con le gambe incrociate oppure “a quattro zampe” ovvero nella posizione del gatto. Se si pratica stando seduti sarà di fondamentale importanza mantenere la schiena dritta con le spalle rilassate in modo da agevolare il movimento del respiro. Dopo essersi sistemati per bene l’attenzione deve essere rivolta al basso addome e come preparazione si eseguono una decina di inspirazioni ed espirazioni lente facendo “gonfiare e sgonfiare la pancia” utilizzando solo ed esclusivamente il naso. Queste respirazioni devono essere controllate dal diaframma. La tecnica vera e propria consiste in una serie di espirazioni forzate e ripetute, nelle quali si espelle con il naso una forte quantità di aria contraendo i muscoli addominali inspirando brevemente ed in modo involontario; infatti, il movimento di inspirazione è semplicemente dovuto alla depressione che si instaura nei polmoni a seguito dell’espirazione forzata stessa; in questo esercizio l’espirazione è attiva mentre l’inspirazione è passiva. Per finire si realizzano di nuovo alcune inspirazioni ed espirazioni lente e profonde.
La tecnica non è semplicissima e richiede sicuramente concentrazione, pazienza e costanza ma, come sempre avviene, dopo un po’ di allenamento, si potrà sperimentarne i benefici. Consiglio inizialmente di eseguirla nella posizione del gatto, come mi è stato insegnato, in quanto la posizione agevola il controllo dei movimenti del basso ventre.
La mia insegnante ci aveva fatto notare un particolare curioso: la somiglianza tra la parola sanscrita “Kapâla” ed il termine italiano “capo” o addirittura il termine dialettale “capa”, ovvero i vari modi per indicare la testa.
Dunque, non mi resta altro che augurarvi una buona pulizia della “capa”.